La Camera penale di Bari, presieduta dall’avvocato Guglielmo Starace, esprime alcune considerazioni sui primi provvedimenti del Governo Meloni in materia di Giustizia. “Se il buongiorno si vede dal mattino… il decreto legge affronta, in ambito penale e processuale penale, tre questioni del tutto diverse ed indipendenti tra di loro”.
Il decreto legge di ieri affronta, in ambito penale e processuale penale, tre questioni del tutto diverse ed indipendenti tra di loro. La prima riguarda il rinvio dell’entrata in vigore della legge Cartabia al 30 dicembre 2022 a seguito di gravi difficoltà di ordine strutturale e logistico degli uffici giudiziari a darne immediata esecuzione. Al netto di un’agevole osservazione sulla problematicità nel “selezionare” le norme la cui applicazione dipende dall’organizzazione degli uffici, non si comprende la ragione per cui il rinvio abbia riguardato anche la parte della riforma dedicata al sistema sanzionatorio e all’esecuzione penale. Nessuna difficoltà applicativa avrebbe comportato, per esempio, l’ampliamento del catalogo dei reati perseguibili soltanto a querela, ovvero l’attuazione delle modifiche in tema di misure alternative alla detenzione, ovvero l’affidamento al giudice di merito della facoltà di irrogare pene alternative al carcere direttamente con la sentenza. L’entrata in vigore di questa parte della riforma avrebbe consentito di accelerare la definizione di numerosi procedimenti che, con ogni probabilità, saranno soggetti a rinvio e contribuiranno ad ingolfare la macchina della giustizia.
La seconda riguarda l’automatica preclusione normativa della possibilità di fruizione di misure alternative alla detenzione per i reati cosiddetti “ostativi”, dichiarata incostituzionale dalla Corte costituzionale, dinanzi alla quale è fissata udienza per il giorno 8 novembre 2022. Il parlamento avrebbe dovuto adottare le necessarie misure affinché venisse rispettata l’indicazione della Corte, mentre il decreto legge introduce una serie di condizioni e di paletti che rendono pressoché impossibile la fruizione dei benefici per tutti i condannati per i reati ostativi, paradossalmente rischiando di creare una situazione nella sostanza peggiore rispetto a quella censurata dal Giudice delle leggi.
La terza riguarda l’introduzione di un nuovo reato. Dopo il rave party di Halloween organizzato a Modena, si è introdotta una nuova fattispecie (invasione per raduni pericolosi), che punisce con la reclusione da tre a sei anni chi organizza un raduno per più di cinquanta persone dal quale possa derivare un pericolo per l’ordine pubblico o la pubblica incolumità o la salute pubblica. Prescindendo dall’evidente indeterminatezza della fattispecie, balza agli occhi la natura di reato “contenitore” (che comprende, cioè, altri reati che prevedono sanzioni meno gravi) e la finalità di agevolare in qualche modo il compito dei rappresentanti delle Forze dell’Ordine che saranno chiamati ad intervenire in occasione dei raduni e che non dovranno più verificare se i “radunati” siano intenti in attività illecite, ma potranno limitarsi a contarli e ad identificarli. Ma non è possibile percepire davvero la gravità dell’introduzione di tale reato se non ci si rende conto dell’ormai ineludibile richiamo alle misure di prevenzione. Incredibile ma vero: una semplice denuncia per “invasione per raduni pericolosi” costituirà presupposto per l’applicazione di misure di prevenzione! Questa l’escalation: presenza sul luogo di un raduno ritenuto pericoloso, identificazione, misura di prevenzione. Dopo qualche anno finalmente un giudice potrà verificare se il cittadino (quasi certamente giovane) ormai devastato socialmente ha violato la legge.
Riservando migliori osservazioni dopo la compiuta analisi della norma, non si può che rilevare che rischiamo di essere all’alba di un ritorno al diritto penale e processuale penale del consenso popolare, in una parola al populismo penale.