In vista della giornata della ricorrenza dedicata alla mamma ecco una storia che arriva da Bari. La forza di una madre che cerca il meglio per sua figlia, affetta da Sindrome di Down, anche contro la volontà del suo ex marito e padre della piccola. Fino a che punto si spingerà per darle il supporto educativo di cui ha bisogno? Ecco il primo breve caso di Bari Racconta, la nostra rubrica di brevi racconti dalla terra dell’area metropolitana, ispirati a fatti veri ma non solo.
Giulia è una donna di 45 anni, alta, colta, con lunghi capelli biondi. Un viso radioso anche se un po’ segnato dalle sofferenze, prima ancora che dagli anni che passano. Ha una figlia di nome Claudia, di 7 anni, che è affetta da Sindrome di Down, con un sorriso contagioso.
Giulia è una madre amorevole e coraggiosa, ha accettato da tempo la condizione di sua figlia ma non per questo ha deciso di arrendersi a lasciarla in un’esistenza limitata, per via della sua patologia. Al contrario, Giulia è convinta che sua figlia Claudia meriti il meglio, la più grande opportunità di avere una vita piena e felice. Così ha deciso di iscriverla all’istituto scolastico “Sacro Cuore”, noto per le sue tecniche e per il suo personale specializzato proprio per ragazzi affetti da Sindrome di Down.
Una scelta ponderata per garantire alla piccola un’istruzione adeguata ma soprattutto un supporto educativo a 360 gradi. Giulia non ha problemi economici, e nemmeno Marco, suo ex marito. Un uomo con una vita impegnata, da medico ortopedico che si divide tra ospedale e studio privato. Alto, moro, elegante, di 50 anni, non ha mai accettato che l’unica figlia che ha avuto fosse disabile. Non che non le voglia bene, per carità, ma il suo apporto si è limitato troppo spesso a pagare qualche conto e a qualche fine settimana insieme.
Non essendo stato informato dalla scelta di Giulia, quando gli è stato chiesto di contribuire alle spese si è rifiutato: “Non puoi prendere decisioni alle mie spalle, Claudia è anche mia figlia”.
Giulia, dopo aver tentato diverse volte con interminabili conversazioni di convincere il suo ex marito della bontà della sua scelta perse la pazienza: “Adesso basta, se non vuoi contribuire con le buone, ti farò costringere da un giudice”. Non era ripicca verso il suo ex ma ferma convinzione che Claudia meritasse di avere un supporto migliore, anche considerando che non c’erano probelmi economici.
Il processo legale si rivelò un’esperienza lunga e stressante. Giulia doveva dimostrare l’importanza dell’istruzione inclusiva per Claudia e spiegare come la mancanza di supporto finanziario da parte di Marco avesse un impatto negativo sulla vita di sua figlia. Si rivolse a esperti e testimoni per fornire prove concrete e convincenti della necessità di una scuola adatta. La causa legale portò Giulia in un percorso di riflessione profonda sulla sua vita e sul suo rapporto con Marco. Si interrogò spesso se questa causa non fosse in realtà una piccola vendetta verso colui che l’aveva fatta soffrire in passato. Capì che, indipendentemente dall’esito della causa, doveva continuare a lottare per Claudia e per se stessa. Aveva imparato a trovare forza interiore e a sviluppare una rete di sostegno che le consentiva di superare le sfide quotidiane.
Dopo mesi di dibattiti e audizioni, il giorno della sentenza finalmente arrivò. Giulia e Marco si presentarono in tribunale, pronti ad affrontare il verdetto del giudice. La tensione nell’aula era palpabile mentre il giudice esaminava attentamente tutte le prove e le argomentazioni presentate. Infine, il giudice prese la parola: “Il valore dell’istruzione inclusiva per Claudia è fondamentale. Pertanto, il padre Marco è tenuto a fornire un contributo finanziario per la retta scolastica”.
La vittoria di Giulia fu un sollievo per lei ma anche per Marco. Si rese conto che non c’era nulla di più importante della felicità di sua figlia Claudia e poco importa se non era stato avvisato per tempo. A volte, se non prendiamo decisioni è la vita a farlo al posto nostro.