Rieletto segretario generale della Cisl Bari-Bat, Giuseppe Boccuzzi, è pronto a continuare il lavoro di questi ultimi 4 anni con una novità che partirà già da oggi: un osservatorio permanente sul mondo del lavoro nell’area metropolitana di Bari.

Dal vostro congresso è emersa un’idea spesso sottaciuta, cioè l’influenza del malaffare in termini economici su tutto il territorio. Come si sostanzia e in quali settori è più evidente?

«La criminalità inquina il mercato, corrompe e mette fuori causa le imprese sane. Questo si riverbera anche sulla qualità del lavoro. Ormai le diramazioni sono in tutti i settori ma ce ne sono alcuni nei quali è più evidente. Penso alla ristorazione o al commercio ma, devo dire, che è l’edilizia il contesto nel quale si nota di più. Stanno sbucando imprese come funghi per approfittare dei bonus ma a spese dei lavoratori, perché della loro sicurezza in cantiere o dell’adeguatezza della loro retribuzione, non frega niente a questi prenditori».

Qual è la situazione del mercato del lavoro per Bari e Bat?

«Facciamo i conti con i numeri della vergogna: 50 mila disoccupati nella città metropolitana di Bari e 20mila nella Bat. Nell’area delle nostre due province si registra il 30 per cento di occupazione in meno rispetto ad altre aree più avanzate d’Italia. Le donne che non lavorano in provincia di Bari sono 24 mila, quante in tutto il Friuli e l’Umbria messe insieme. Una madre su quattro a Bari e Bat è costretta a lasciare il lavoro a due anni dall’assunzione perché non ha a chi affidare i figli. Uno su quattro dei nostri giovani è un Neet, non lavora e non studia perché scoraggiato da un sistema che lo esclude. Dunque, abbiamo un 30% della popolazione che non produce reddito».

Eppure, a Bari dovrebbe essere più facile trovare lavoro che non nel resto della Puglia. O no?

«Sì, il lavoro c’è ma coesiste con il paradosso che in questo oceano di inattivi e disoccupati un’offerta lavorativa su tre, da parte delle imprese locali, non trovi candidati all’altezza. Il lavoro manuale non attrae e le competenze in questo senso sono basse e poco qualificate».

Qual è lo scenario dei prossimi anni continuando con questo indirizzo?

«Dal nostro congresso è emerso un quadro chiaro non solo dell’inverno demografico ma anche industriale. Nei prossimi quarant’anni, nelle nostre due province, il rapporto giovani-anziani sarà di uno su quattro. Fra il 2020 e il 2040 la riduzione di popolazione rischia di compromettere il Pil che potrebbe calare addirittura del 18,6% cioè di un quinto del valore attuale».

Come si esce da questo inverno-inferno?

«Con un patto sociale per il lavoro che favorisca la contrattazione decentrata territoriale contro la povertà salariale e con un piano delle competenze che risponda ai fabbisogni innovativi delle imprese. Solo così aumentiamo l’occupabilità della forza lavoro. La povertà del lavoro si combatte mettendo in campo un grande piano sulle competenze, la formazione e le politiche attive. Le imprese imparino anche a formare personale on the job, senza per forza aspettare finanziamenti o che se ne occupi sempre il pubblico».

Primo impegno da segretario rieletto?

«Questa mattina con la prima seduta dell’osservatorio sul mondo del lavoro dell’area metropolitana di Bari. L’abbiamo fortemente chiesto nel corso dell’ultima manifestazione a Bari e vogliamo mettere insieme tutti i portatori di interessi, pubblici e privati, per analizzare lo stato delle cose ed individuare strategie concrete e attuabili per invertire la rotta».

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By Gennaro Del Core

Comunicatore e giornalista

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