Un incontro tra arte e poesia, tra scatti fotografici e parole. E’ questo il senso della mostra dal titolo “L’oggetto dell’abbandono” inaugurata ieri sera a Bari, nella sede de La Ciclatera nel centro storico di Bari in strada Angiola, curata dal collettivo fotografico Obiettivo Uno e dalla narratrice e poeta Angela Angelastro.

Dal 4 al 31 ottobre a Bari, nella sede de La Ciclatera nel centro storico in strada Angiola, una mostra di 21 tavole di grande formato e di parole che invitano chiunque a diventare protagonista di un luogo narrato o fotografato. Un viaggio tra ciò che è stato e ora non lo è più, perché tralasciato, trascurato, dimenticato, abbandonato. Un viaggio per ritornare in quei luoghi, ormai privi di memoria e identità, e provare a ricordarli, immortalarli, rianimarli. Un’idea nata dall’incontro tra il collettivo fotografico Obiettivo Uno e la poeta Angela Angelastro, che hanno il merito di aver provato un esperimento.

Angela Angelastro non ha mai nascosto la sua storica passione per le storie, quelle dei luoghi, delle persone che li attraversano e degli oggetti che li abitano. Trova che questi, in particolare, abbiano la capacità di creare e raccontare i legami: “Ho fatto esperienza della fotografia Urbex e della possibilità di restituire identità e memoria ai luoghi abbandonati grazie al collettivo Obiettivo Uno. Quando ho guardato alcune tra le loro foto più suggestive mi sono sentita trascinare dentro quelle scene e la mia immaginazione ha preso a muoversi spontaneamente. Nelle foto di Valeria, Mimmo e Antonio di Obiettivo Uno ho visto le storie accadere, animate dalla voce di oggetti, che sono diventati protagonisti involontari sia dell’andare in rovina che del nostro modo di riportarli al presente. Io ho scelto di isolare frammenti di quelle storie e di raccontarli in versi liberi, facendo da contrappunto all’atmosfera irripetibile delle fotografie dei miei compagni di viaggio”.

Il collettivo fotografico Obiettivo Uno, rappresentato da Mimmo De Leonibus, Valeria Genco e Antonio Nitti in una nota: “L’esplorazione urbana è un momento di grande catarsi emotiva e gli oggetti che troviamo nei luoghi abbandonati che visitiamo sono il viatico per entrare in contatto con chi quei luoghi hanno abitato. L’utilizzo di immagini a largo campo è stata scelta obbligata per dare respiro alla scena, in modo da avere due soggetti principali: l’oggetto, appunto, e soprattutto il luogo che lo contiene“. Obiettivo Uno, negli anni e nel suo miglior intento, cerca di definire un cronotopo tra le strutture abbandonate e il loro passato che è indiscutibilmente un futuro presente, come se fossero un’unica entità omogenea.

Inseguiamo, in pratica, un’equivalenza fra lo spazio e il tempo – proseguono -. Ci separiamo dalla visione classica dello spazio, non un’entità indefinita e non limitata, ma concettualmente legata al punto di vista dell’osservatore relazionandola alla dimensione temporale di quello che era, dello stato attuale e quello che potrebbe essere. Unitamente alle fotografie, penso che l’amica e scrittrice Angela Angelastro, abbia colto il nostro intento, traducendo questa idea comune in versi liberi. Questi ultimi hanno la stessa capacità visiva delle nostre fotografie, dove però non è la vista ad osservare un panello bidimensionale ma l’immaginazione (con tutta la sua forza) stimolata dagli scritti di Angela. Speriamo di condividere con i visitatori della mostra un concetto: i luoghi abbandonati e tutto quello che essi contengono sono il regno di un passato che si mostra, a chi ne ha voglia, nella chiarezza di un futuro già in atto“, concludono De Leonibus, Genco e Nitti.

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