Scritto nel 1918 da Lu Xun, tra i maggiori esponenti della letteratura cinese del XX secolo, «Diario di un pazzo» è diventato uno spettacolo del Teatro delle Forche, diretto e interpretato da Giancarlo Luce, in scenal all’auditorium Vallisa di Bari per la rassegna «Incroci» della compagnia Diaghilev, i prossimi 23, 24 e 25 maggio alle ore 21 e domenica 26 maggio alle ore 20.

Siamo nella Cina in pieno declino di inizio Novecento, in un paese appena transitato dall’impero alla repubblica, scosso da lotte fra fazioni politiche e militari, in cui l’educazione è ancora fondata su testi filosofici e politici risalenti a più di mille anni prima, mentre la produzione letteraria è in una lingua classica avulsa dalla realtà quotidiana.

Insomma, un paese nel quale i racconti di Lu Hsün, crudamente realistici e scritti in lingua vernacolare, hanno un effetto dirompente e spiazzante. Da qui la scelta di raccoglierli nel «Diario di un pazzo», dato alle stampe nel 1923, quando lo stesso Lu Hsün deve apparire lui stesso un «pazzo» al cospetto dei contemporanei,

Lo spettacolo «Diario di un pazzo» è un omaggio a Carlo Formigoni e Ettore Toscano, «entrambi miei maestri d’arte, entrambi pedagoghi e artisti che hanno impegnato la loro vita nel proporre un arte teatrale educativa a favore dei giovani, ed entrambi estimatori dell’opera di Lu Xun», dice Giancarlo Luce. Al centro, la storia di uno studente di medicina (lo stesso scrittore cinese) che trovato denso di significato il diario di un suo vecchio amico del quale è venuto in possesso e ha deciso di trascriverne alcune parti. Ed è da questa trovata letteraria che origina il personaggio a tutto tondo del pazzo con le sue ossessioni, dalle quali emergono verità indiscusse, moniti ed esortazioni per nulla folli e un incitamento  finale a salvare chi verrà dopo di noi.

Il «Diario di un pazzo» è, infatti, uno scritto in forma di diario intimo e dai risvolti politico-rivoluzionari che apre la raccolta «Alle armi» di Lu Xun, pseudonimo di Zhou Shuren (1881 – 1936), considerato il padre della letteratura cinese moderna e convinto sostenitore delle istanze di riscatto nazionale e rinnovamento della cultura e della società propugnate dal Movimento del Quattro Maggio. E questo scrittore, tra i più preziosi narratori della Cina moderna, ma anche polemista, saggista e poeta che ha vissuto il primo quarto del secolo scorso in una società, quella cinese, in piena trasformazione, politica e sociale, diventa uno dei più acuti e originali osservatori dei fenomeni letterari e politico sociali della sua epoca.

La nascita di questa raccolta coincide con la maturazione politica e letteraria di Lu Xun e rappresenta il primo tentativo di emancipazione del popolo cinese per il tramite della letteratura.  La sua opera tratta degli infelici e dei reietti, quasi in un tentativo sociale di voler curare il male rivelandolo. Per questo i suoi personaggi sono compositi, non solo nei tratti somatici, ma anche e soprattutto nell’uso della lingua popolare cinese, il «pai hua», della quale Lu Xun si fa promotore nella letteratura, utilizzando la prosa come  metafora, cosi come metafora è il lavoro del letterato e dell’artista che tenta di riformare la società con l’obiettivo di cambiare lo spirito di un popolo. In questo caso, quello cinese.

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